La prima puntata del Festival di Sanremo 2009 va in archivio con l’eliminazione anticipata con largo anticipo dalla Gialappas di Tricarico, la Zanicchi e gli Afterhours, ma offre tanti spunti di riflessione, riguardo la conduzione, le canzoni, l’ambiente e gli ospiti.
La conduzione: bravo Bonolis che rende sempre al 100% anche se è un pò buonista l’apertura affianco alla bambina comparsa, ma che gestisce da signore le polemiche sulla canzone di Povia difendendo Grillini. Male Alessia Piovan che si incespica camminando e pure per presentare Marco Carta. Di lei rimane solo la figura. Poco utile Luca Laurenti messo ripetutamente in secondo piano o utilizzato come tappabuchi con battute poco convincenti: il maestro Laurenti è di più di quello che ci mostrano. Paul Sculfor non pervenuto (a cosa serviva la sua comparsata?).
Le canzoni: è ancora presto per giudicarle per la qualità (e personalmente non voglio ergermi a giudice musicale, perché non è di mia competenza), ma le canzoni di quest’anno mi sono sembrate più corte del solito e con una musica meno presente (dei passati Festival mi rimaneva impressa l’immagine di un’orchestra sempre all’opera
Gli ospiti: azzeccati! Katy Perry si dimostra servizievole, o almeno molto più di tanti ospiti che negli scorsi anni proponevano il loro brano in playback e se ne andavano; Miguel D’Escoto ha detto belle parole di cui si spera seguano prima o poi i fatti; non pervenuta Mina (personalmente ho trovato inutile la sua interpretazione)
Roberto Benigni: lo shomwan toscano merita un capitolo a parte. Inizia in sordina, ripetendo più volte di non voler parlare di Berlusconi, poi inizia a macinare doppi sensi, giochi di parole, frecciatine, il più delle volte prevedibili (quelle sul PD), ma sempre ben confezionate e ben orchestrate (quelle su Iva Zanicchi). Il punto più alto della sua ospitata è senza dubbio quando recita un brano di Oscar Wilde, tributo all’omosessualità, che strappa applausi e stand in ovation.
L’ambiente: non ci sono fiori a rendere ancora più bello il palco dell’Ariston e si sentono pochi applausi (la maggior parte a Benigni), forse per non influenzare la giura in sala. Buona l’illuminazione e l’acustica, da migliorare le riprese che regalano cantanti mezzobusti o a figura intera a distanze siderali.
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