Raffaella Carrà è un mito assoluto, Piero Pelù più simpatico di quello che avremmo mai immaginato, Noemi è una di noi e Cocciante un genio incompreso. The Voice ci piace e noi facciamo il tifo per i coach. Guai a chiamarli giudici, che con X Factor per il momento The Voice ha poco a che fare.
The Voice va in onda mentre scriviamo. È la prima puntata, sui dati di ascolto si può solo scommettere. E nonostante la concorrenza su tutte le reti, siamo pronti a puntare su The Voice. Il casting è stato fatto con grandissima professionalità: storie, volti, personaggi e voci pazzesche. E poi la regia, il montaggio, la fotografia, il ritmo dato dalla scrittura. Il programma funziona. Un parere più spassionato dalla sottoscritta? È bellissimo, capace di mischiare innovazione e tradizione. A cominciare dai coach: Noemi, Raffaella Carrà, Riccardo Cocciante e Piero Pelù, che partecipano in modo ben diverso alla scelta dei cantanti rispetto ai giudici e/o insegnanti degli altri talent.
Non c’è aggressività, ma partecipazione. Non c’è critica, ma condivisione. Non c’è distanza, ma contatto. E allora i giudici si alzano, abbracciano, baciano e confortano anche gli esclusi. E loro stessi si mettono in gioco. A un certo punto non si capisce più per chi fare davvero il tifo: per i ragazzi o per Riccardo Cocciante?
The voice sta per finire, qualche volta ho provato a chiudere gli occhi per sentire la voce senza guardare il volto del cantante. E tanto ho trovato più avvincente la performance della ragazzina di diciassette anni di cui la regia non ci ha mostrato il volto. Chissà che non sperimentino più spesso questa scelta di racconto, un’emozione anche per il pubblico.